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…..stammattina superba, all’aurora, occhieggiava dal viale questa sorpresa che osservavo col fiato sospeso, ieri sera non c’era nulla, mi dicevo, stammattina trovo il messaggio di mille voci che s’affollano nella mia mente, che assapora con ansia la forza della conoscenza…siamo inferiori, o comunque parte del tutto, altro che specie superiore, la potenza inarrivabile della natura, che va oltre i suoi limiti e persegue i suoi fini, la danza perenne di alberi ed animali che comincia anche a 4 gradi, che cammina sotterranea in inverno, che esplode presuntuosa e se ne frega altezzosa di noi sciocchi che crediamo di dominarla, è lei che insegna a noi, null’altro e ci deride ma compassata, ha gli occhi di satiri e l’eco sommesso percepibile al vento di antiche anime arboree.

Benedetta sia l’età, mi racconto, mentre corro a prendere il mio ginseng, che arriva ogni anno con una goccia di capacità di comprendere meglio, ciò che è già scritto ed già compreso nell’antico cantico del mare cosmico, nella sua perfetta imperfezione e viceversa, invecchiare non è peggiorare, invecchiare è cambiare e sapere ciò che l’eternità ti concederà a fine percorso…un antiage per qualche ruga in meno, ma la ruga è sofferenza dello spirito solo se lo vogliamo noi…

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".....stammattina superba, all'aurora, occhieggiava dal viale questa sorpresa che osservavo col fiato sospeso, ieri sera non c'era nulla, mi dicevo, stammattina trovo il messaggio di mille voci che s'affollano nella mia mente, che assapora con ansia la forza della conoscenza...siamo inferiori, o comunque parte del tutto, altro che specie superiore, la potenza inarrivabile della natura, che va oltre i suoi limiti e persegue i suoi fini, la danza perenne di alberi ed animali che comincia anche a 4 gradi, che cammina sotterranea in inverno, che esplode presuntuosa e se ne frega altezzosa di noi sciocchi che crediamo di dominarla, è lei che insegna a noi, null'altro e ci deride ma compassata, ha gli occhi di satiri e l'eco sommesso percepibile al vento di antiche anime arboree. Benedetta sia l'età, mi racconto, mentre corro a prendere il mio ginseng, che arriva ogni anno con una goccia di capacità di comprendere meglio, ciò che è già scritto ed già compreso nell'antico cantico del mare cosmico, nella sua perfetta imperfezione e viceversa, invecchiare non è peggiorare, invecchiare è cambiare e sapere ciò che l'eternità ti concederà a fine percorso...un antiage per qualche ruga in meno, ma la ruga è sofferenza dello spirito solo se lo vogliamo noi..."
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La memoria delle donne

Nutro grande ammirazione per il valore storico ma soprattutto sociale della memoria di oggi, per il giro di boa che è stato, per la bandierina che le nostre ave hanno piantato dopo decenni di tribolate sollecitazioni e…., sì dai, diciamolo, anche i nostri avi, perche tanti uomini hanno sostenuto l’emancipazione femminile, soprattutto nel nord Europa dove il progresso illuminato dava i suoi passi incerti da poppante.

Tanto premesso, sostengo un pensiero mio, non nuovo, che è maturato nel tempo in anni di studio e di vita reale, cresciuta in una famiglia d’origine e collaterale, dove le donne erano e sono, esse stesse, modelli di emancipazione lavorativa, nei limiti ( ma neppure poi tanto) delle epoche in cui vivevano,e dove gli uomini, si sono a tratti distinti per una relativa apertura mentale, con questo piccolo fardello di fortuna, ho avuto il lusso di non ritenere di festeggiare (tranne qualche goliardata evasiva), stimando comunque queste battaglie come per altre fuori contesto, perchè le bandierine sono state tante, dopo la grande guerra e nel ’68, poi negli anni ’90, poi quando progressivamente veniva reso possibile l’accesso dell’umanità femminile in ogni dove su questo pianeta o nello spazio circostante, mentre crollavano le ultime balaustre di pregiudizio arcaico (tralasciamo il mondo religioso che si autopasce nel suo assiomatico apartheid nel quale nessuno fa rivoluzioni se non nella misura in cui sorge l’esigenza pressante dalla società esterna..).

Adoro la mimosa, come amo i fiori e gli alberi, tutti, profumati e non, soprattutto quando sono attaccati alla pianta, ma non di meno, m’ inebrio della loro soave bellezza anche se solleticano i miei sensi occhieggiando da un vaso.

Per ciò che mi riguarda la mia libertà la costruisco “brick on the brick”e me la godo con tenacia, ogni giorno della mia vita, perché è roba mia e m’appartiene, a testa bassa quando c’è da non farsi distrarre da meschinità e a guardia alta quando c’è da oltrepassare scogli o steccati, in ogni parola e pensiero, in ogni gesto e in ogni scelta del quotidiano o dei grandi orizzonti, per me stessa, a volte venendo additata come estremista, confliggendo con l’apocalittico bisogno di tenerci tutte ancora sotto controllo attraverso esigenze indotte dalla società che ci vengono centellinate a piccole dosi fin da bambine, tanto da doverci mettere il doppio dell’impegno per liberarcene, quando quell’impegno viene reso possibile dalla volontà e dalle necessità.

La infima ed aggirabile inferiorità fisica muscolare, ci rende ancora passibili di soggezione, ma andando oltre le migliaia di cadaveri delle nostre sorelle che sono state calpestate e annientate nel corpo e nello spirito dal ” barbarismo”, come amo definirlo, di un certo universo maschile, scontato dirlo che il rispetto ce l’abbiamo in pugno, perchè ci è dovuto, anche in memoria loro, rivendicando ciò che è già nostro, nelle aule di tribunali, dove la giustizia dovrebbe essere cieca ma non sorda, come in ogni respiro e principio da affermare della nostra vita terrena e oltre, anche a costo di camminare da sole, ma in compagnia della nostra dignità, anch’essa femmina..

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..la memoria delle donne…

Nutro grande ammirazione per il valore storico ma soprattutto sociale della memoria di oggi, per il giro di boa che è stato, per la bandierina che le nostre ave hanno piantato dopo decenni di tribolate sollecitazioni e…., sì dai, diciamolo, anche i nostri avi, perche tanti uomini hanno sostenuto l’emancipazione femminile, soprattutto nel nord Europa dove il progresso illuminato dava i suoi passi da neonato.

Tanto premesso, sostengo un pensiero mio, non nuovo, che è maturato nel tempo in anni di studio e di vita reale, cresciuta in una famiglia d’origine e collaterale, dove le donne erano e sono, esse stesse, modelli di emancipazione lavorativa, nei limiti ( ma neppure poi tanto) delle epoche in cui vivevano,e dove gli uomini, si sono a tratti distinti per una relativa apertura mentale, con questo piccolo fardello di fortuna, ho avuto il lusso di non ritenere di festeggiare (tranne qualche goliardata evasiva), stimando comunque queste battaglie come per altre fuori contesto, perchè le bandierine sono state tante, dopo la grande guerra e nel ’68, poi negli anni ’90, poi quando progressivamente veniva reso possibile l’accesso dell’umanità femminile in ogni dove su questo pianeta o nello spazio circostante, mentre crollavano le ultime balaustre di pregiudizio arcaico (tralasciamo il mondo religioso che si autopasce nel suo assiomatico apartheid nel quale nessuno fa rivoluzioni se non nella misura in cui sorge l’esigenza pressante dalla società esterna..).

Adoro la mimosa, come amo i fiori e gli alberi, tutti, profumati e non, soprattutto quando sono attaccati alla pianta, ma non di meno, m’ inebrio della loro soave bellezza anche se solleticano i miei sensi occhieggiando da un vaso.

Per ciò che mi riguarda la mia libertà la costruisco “brick on the brick”e me la godo con tenacia, ogni giorno della mia vita, perché è roba mia e m’appartiene, a testa bassa quando c’è da non farsi distrarre da meschinità e a guardia alta quando c’è da oltrepassare scogli o steccati, in ogni parola e pensiero, in ogni gesto e in ogni scelta del quotidiano o dei grandi orizzonti, per me stessa, a volte venendo additata come estremista, confliggendo con l’apocalittico bisogno di tenerci tutte ancora sotto controllo attraverso esigenze indotte dalla società che ci vengono centellinate a piccole dosi fin da bambine, tanto da doverci mettere il doppio dell’impegno per liberarcene, quando quell’impegno viene reso possibile dalla volontà e dalle necessità.

La infima ed aggirabile inferiorità fisica muscolare, ci rende ancora passibili di soggezione, ma andando oltre le migliaia di cadaveri delle nostre sorelle che sono state calpestate e annientate nel corpo e nello spirito dal ” barbarismo”, come amo definirlo, di un certo universo maschile, scontato dirlo che il rispetto ce l’abbiamo in pugno, perchè ci è dovuto, anche in memoria loro, rivendicando ciò che è già nostro, nelle aule di tribunali, dove la giustizia dovrebbe essere cieca ma non sorda, come in ogni respiro e principio da affermare della nostra vita terrena e oltre, anche a costo di camminare da sole, ma in compagnia della nostra dignità, anch’essa femmina..

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http://www.ansa.it/lifestyle/notizie/rubriche/elementiHP/2015/03/06/suite-francese-dal-romanzo-di-irene-nemirovsky-il-film.-clip-esclusiva_f9a59562-5379-4da8-962d-bb22d475ebee.html

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http://www.msn.com/it-it/notizie/italia/yara-lintercettazione-telefonica-con-la-moglie-ecco-la-frase-con-cui-si-tradisce-leggi/ar-BBidtFD?ocid=UP97DHP#page=2

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Vegan a Spezia

“Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo.” (Gandhi)

martedì 24 febbraio 2015

Del passaggio in dolore. La chemioterapia: ho mandato al diavolo carne e pesce. Di Giuseppe Simeone

Del passaggio in dolore.

Quando l’amico Giovanni mi ha proposto di buttare giù due righe da pubblicare nel blog di La Spezia Vegana, l’idea mi è parsa subito suggestiva. È bastato, tuttavia, qualche minuto di riflessione per rendermi conto che non sarebbe stata una cosa indolore. Piuttosto, in dolore. Uno spazio cambia tutto.

Una passeggiata a ritroso, percorrendo per la prima volta una rotta che, nonostante la perizia marinaresca e una buona quantità di squadrette e compassi, nel dolore è incappata spesso. Soprattutto in quello della mente.

Ad agosto i medici mi hanno diagnosticato un linfoma di hodgkin, un tumore maligno del sangue imparentato con la più nota leucemia. Quanto tempo mi rimane e perché proprio a me – 37 anni di cui molti spesi in ogni tipo di sport e gli ultimi 12 in Marina Militare, per lo più come sommozzatore – sono state le domande inizialmente più ricorrenti. Presto sarebbero cambiate.

Ma non lo potevo sapere.

Sono originario di un paesino collinare della bassa Ciociaria, collocato con i suoi 800 abitanti proprio sulla linea Gustav, strenua difesa tedesca all’avanzata militare alleata sul finire della seconda guerra mondiale e, per questo, completamente distrutto. La sopravvivenza dei miei genitori è stata affidata ai raccolti dei pochi campi rimasti coltivabili e all’allenamento di galline, conigli, maiali, bovini e ovini di ogni tipo da mangiare e il Natale era ricordato più per la possibilità di mangiare della carne che per quella di ricevere regali. Soldi non ce n’erano e spensieratezza meno ancora.

Io sono cresciuto col ritornello che la carne è una cosa e che il pesce è un’altra; e che entrambe fanno bene, sono indispensabili, vedi che tutti i medici lo dicono. Inoltre, per uno che vive solo e spesso in missione, un panino col prosciutto crudo è spesso la soluzione a ogni fastidio.

Nessuna parola è scelta a caso: “La soluzione a ogni fastidio”, come se alimentarsi fosse un fastidio. Illuminanti le parole di Giovanni, che sfiorano il cinismo. Ci prendiamo cura dei nostri reb<!–[if !supportFootnotes]–>[1]<!–[endif]–>e non ci preoccupiamo di cosa mangiamo, di come alimentiamo le nostre cellule.

Quella che segue è solo la mia testimonianza, un racconto che nasce da queste premesse e che non ha la presunzione di essere una guida o un insegnamento. Non sono un medico, non ho una grande cultura specifica (e nemmeno generica), non ho la ricetta del benessere né la formula. Don’t try this at home, insomma, come dicono nei programmi di sport estremi. Soprattutto, non ho né la prova che diversamente facendo avrei raggiunto diversi risultati né la certezza di essere rinato.

L’unica cosa che so è che posso essere forte oltre il concetto che siamo abituati a dare a questa parola, so che la paura può essere messa da parte. E so che si può ascoltare il proprio organismo. So che si può fare ed io ho imparato a farlo col mio, so che non devo smettere di farlo. Non è una roba da santoni o samurai e non ha niente a che fare con film e libri. È una intimità che si crea con se stessi, che oltrepassa la rete spinata della paura e del pregiudizio, delle verità infondate e arriva alla mente e all’intestino. E fa male, più della chemioterapia che si prende le vene.

Ho letto The China Study e altri libri su una alimentazione consapevole di come è fatto l’essere umano. Ho iniziato a preoccuparmi del mio sistema immunitario come un buon comandante di un nucleo sommozzatori – questo ero e questo voglio ritornare ad essere professionalmente parlando – dovrebbe fare: addestra i tuoi globuli bianchi, non affaticarli oltre il dovuto, assegna loro missioni compatibili con la loro preparazione, fa in modo che tornino tutti a casa, la sera, ogni tanto fai un brindisi con loro.

L’aloe arborescente ha fatto presenza costante nella mia colazione, diventando insieme a tisane varie e a spremute d’arancia l’unica bevanda mattutina. Ho approfittato dei semi di chia e ho mandato al diavolo carne e pesce. Sulla pasta ho messo sempre il parmigiano, ho smesso con gli altri latticini e un po’ alla volta anche col parmigiano (la fatica più grande che potessi immaginare).

Il giorno prima mangiavo tre biscotti del Mulino Bianco, il giorno dopo ne avevo la nausea, l’idea di quel sapore mi disturbava. Se ci penso, a me piacciono. Ma ho lasciato che fosse il mio intestino, la mia pancia a scegliere per me.

Ho lasciato che l’istinto alla sopravvivenza e quello al rispetto etico di questo pianeta facessero coppia, ho lasciato che si amalgamassero perché non ci fosse un confine tra loro. Dove non arriva l’uno arriva l’altro, dove il gusto potrebbe prevaler sulla paura di stare male arriva puntuale il rispetto per le forme di vita animale che mi circondano. L’amalgama è riuscita perché ho lasciato che fossero mente e intestino a fare, non mi sono imposto tempi né privato di nulla.

Mi sono ascoltato, mi sono domandato se davvero volessi un cibo o se invece lo volessi nella convinzione che sia giusto volerlo. Lo so che pare una cosa astrusa, non lo è però.

Mi piacerebbe citare a supporto, come teste a discarico (nella vita precedente ho esercitato la professione di avvocato prima di arruolarmi in Marina), Gianrico Carofiglio, che, oltre a dipingere personaggi che accostano verso il veganesimo, sa usare le parole.

Alcune persone dicono una cosa che non è vera ma non stanno mentendo, esse sono convinte che quella cosa sia vera. Di fatto, il risultato del loro racconto è una cosa falsa, ma loro non sono dei bugiardi. Sono solo male formati, come un bimbo di 5 anni cui racconti, senza che sia vero, che lui è stato rapito quando aveva 3 anni. Egli inizierà prima o poi a fornire addirittura dei dettagli di una vicenda mai verificatasi.

Il mio corpo non voleva le cose che ho messo via. Le mie cellule le hanno dichiarate estranee e, addirittura, pericolose. Ho dovuto solo averle di fronte e lasciare che la mia mano scegliesse. Sul tavolo sono rimasti pezzi di cadaveri, latte animale, latticini. Non riesco più a mangiarli. E se finissero per sbaglio in una salsa preparata da altri, ne avvertirei il disgusto.

La cosa della falsa convinzione vale anche per chi mi cura. Sono circondato da medici che mi hanno detto sin dall’inizio di mangiare molta carne perché la chemioterapia abbatte fisico e mente, crea debolezza e distrugge i globuli bianchi e l’emoglobina.

Ho fatto 4 analisi del sangue al mese durante la chemioterapia, che ho affrontato convinto che mangiare animali non servisse. Mai avuti i globuli bianchi bassi al punto da dover ricorrere ai fattori di crescita, mentre il 99% dei miei sfortunati colleghi onnivori non ha potuto farne a meno. La mia emoglobina è rimasta sempre nei parametri corretti (qui si apre una voragine, ma è un’altra storia), molti miei compagni di viaggio hanno avuto bisogno di trasfusioni.

Dopo le prime 4 chemio le mie cellule malate erano prive di funzioni metaboliche. In dialetto, non avevano più da mangiare. Risultato che si è confermato pochi giorni fa, al termine delle chemio.

I medici non mentono circa ciò che serve all’uomo. Semplicemente non lo sanno, sono convinti dai testi sacri della letteratura medica di quanto necessaria sia la proteina animale.

È un’assoluzione? No. Un’attenuante sì, però. Senza chemioterapia non sarei qui, ma senza l’abuso di proteine animali non sarei passato per la chemioterapia, perché non ho rispettato le consegne del buon comandante: ho lasciato allo sbando i miei globuli bianchi, non li ho addestrati e li ho costretti a combattere battaglie non necessarie. Essi hanno dovuto fare da scudo a un’alimentazione che è come un nemico. E loro sono stati ottimi soldati. Hanno combattuto e spesso vinto. Ma hanno lasciato sguarnito un fronte, quello delle cellule tumorali, un fronte aperto in ogni organismo vivente. Io ho impegnato tutti i miei soldati a difendermi da un’alimentazione nociva e le cellule tumorali ne hanno approfittato per sfondare il fronte.

Nemmeno i miei genitori mi hanno aiutato, anche loro perduti in una consapevolezza fondata su certezze sbagliate. Non erano in malafede né mi hanno voluto male. Non lo sapevano.

Per difendermi ho ritenuto giusto, oltre che meraviglioso, dare la possibilità a mia figlia di nascere e offrirle libertà di scegliere il suo futuro, regalandole le sensazioni che ho maturato mentre il mio mondo si limitava a una stanza di color verde con le finestre chiuse e la possibilità di fare una doccia diventava la notizia più entusiasmante della settimana.

Non mi domando più quanto tempo mi rimanga. Mi interessa di meno la quantità, voglio la qualità di questo tempo. Né mi domando più perché proprio a me. Ho imparato che la domanda corretta è “perché non a me”.

E la risposta va cercata in un solo modo. Ascoltandosi, in un passaggio in dolore.

Il mio nome è Giuseppe Simeone.

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CHE PALLE, ma finiamola, sono anni che sento ancora questi “clichè” da ciarpame RESIDUATI BELLICI ANTE CRISTUM NATUM, DEI MATUSALEMME JURASSICI della soffitta, e non ci credevo a 20 anni, non ci credo a 40, .non esiste alcun ruolo, non esiste che
“LA DONNA SA convincere, LA DONNA DEVE SAPER trovare modi per tenere legate le persone, SE VUOLE PUO’ comandare, LA DONNA DEVE far fare all’uomo quello che si vuole, LA DONNA NON DEVE rompere i cojoni…”
ma che stamo addì, ma che roba è, ma nemmeno le bisnonne, e se pure, erano ignoranti o tonte???!!!
Una donna è una persona che se vuole
1) parla,
2) rompe i coglioni,
3) se non gli va a genio qualcuno non deve per forza legarlo a sè o con qualcun’altro,
4) nessuno comanda su nessuno,
5) se l’uomo (o la donna) vuole, fa, se non vuole, non fa, non capisce, non ci s’intende? non si devono PER FORZA trovare “mille modi che la donna sa” (??? O-___o!!!!!! CHE NOIA!!!) per far capire,
6) o capisce o non capisce e se non capisce o non vuole capire o ci è o ci fa, e non perchè è uomo, ma perchè o è stronzo, o scemo o non gliene frega niente quindi ……aria, ADDIO, CIAOCIAO, NON FA NIENTE, E’ STATO UN PIACERE, IL MONDO E’ BELLO PERCHE’ E’ VARIO, SE TE TI FAI I CAZZI TUOI, ME LI FACCIO PURE IO, MI MANCA L’ARIA..!

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Vegan e dintorni..

Raramente posto quello che mangio, anche perchè cerco io spunti dagli altri vegan/fruttariani/crudisti, mentre gli onnivori o i vegetariani che frequentano la mia pagina, magari sono interessati ad altre cose in comune Emoticon smile, ma di recente ho scoperto le focaccette della Vivia di farro e lupini, e mi piacciono proprio un casìno, ci faccio qualunque cosa, dalle piadine con verdure, tofu, olio di soia e zenzero, ad accompagnamento per frullati di banane, arance e mele verdi, a semplici spuntini o con le spinacine di miglio, si può dire che insieme alla frutta fresca e secca che ormai rappresentano i 3/4 della mia alimentazione, ‘ste focaccette m’hanno proprio conquistata, e insomma mi andava proprio di dirvelo Emoticon smile, e, continuo a pensarlo ormai da anni, la vita vegan non è una nuova vita, è una seconda vita, chi riesce ad avere il privilegio di capirlo deve considerarsi fortunato!

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dove comincia il sole

dove comincia il sole

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